medaglia

99.

Sono stati diversi questi Giochi Olimpici. Non ci sono jamaicani o americani sul gradino più alto del podio dei 100 metri, lo skate è diventato disciplina olimpica e la medaglia di bronzo pende al collo di una bambina di 13 anni.
Cambiamenti epocali, segno dei tempi.

La vittoria di Linoy Ashram nella ginnastica ritmica individuale poi, segna una vera e propria rivoluzione. È il riscatto di tutti noi. Si, anche il nostro, che le Olimpiadi le abbiamo viste dal divano.

Il mondo che cambia

Ho fatto ginnastica ritmica negli anni 90 (dall’89 al ‘99) inutile dire che rispetto all’ora lo sport è cambiato radicalmente.
Noi ci allenavamo con i ciclisti, pantaloncini sintetici dai colori sgargianti a stelle e strisce, che poi hanno lasciato il posto agli scaldamuscoli prima e alla calzamaglia poi.
La nostra palestra cascava a pezzi e ogni volta che pioveva la pedana era costellata di bacinelle più o meno grandi in base a quello che avevamo a disposizione.
I nostri body erano vissuti, passati di ginnasta in ginnasta nel corso degli anni. Per una gara importante bastava “andare nell’armadio” e “guardare nello scatolone” qualche reperto storico che poteva andarti bene lo trovavi di sicuro.

Eravamo giovani di belle speranze, ci allenavamo tanto, ci credevamo tantissimo e ci sembrava che il mondo fosse tutto un po’ lì tra quelle 4 mura ammuffite dove passavamo tutti i pomeriggi tre ore al giorno e tutti i fine settimana con buona pace dei nostri genitori che si sono sciroppati anni di domeniche in palestra e ore interminabili di gare.

Difetti di pronuncia

Nessuno capiva bene che sport facessimo, non ho mai compreso perchè “ginnastica ritmica” fosse una parola tanto difficile, eppure dopo aver risposto alla domanda “che sport fai? dovevi sempre specificare: sì, quello con il nastro, la fune il cerchio… no, non quello con la trave, quella è artistica.
Negli anni l’ho sentita nominare con terminologie creative e bizzarre: danza artistica, danza ritmica, ginnastica acrobatica. Persino mio padre che aveva perfettamente presente cosa facessi, si limitava a chiamarla “la ginnastica”. Mia figlia fa la ginnastica. Che mi ha sempre evocato scene di anziani su bagnasciuga che in tuta di ciniglia fanno le flessioni.. ad ogni modo tant’è, si chiamava ginnastica ritmica anche ai miei tempi.

Oltre al nome l’unica cosa che davvero non era mai cambiata era il domino dell’Europa dell’est in tutte le competizioni internazionali.
Le ginnaste italiane che a noi sembravano eccezionali, nel palcoscenico mondiale scomparivano completamente, superate da russe, ucraine, bulgare.
Figure magrissime, elastiche fino quasi a spezzarsi, instancabili soldatesse progettate per vincere. Sempre.

Una medaglia per tutti.. o quasi

Ecco perché quell’oro che brilla addosso alla ginnasta israeliana è un po’ la rivincita di tutte noi.
Perchè ci ha concesso il dono della sorpresa, la speranza che le cose non sono sempre scontate, alle volte, succede per fortuna, vince qualcun altro.
Che soddisfazione poter ribattere a quel tanto fastidioso “tanto vincono sempre gli atri”, un sonoro “non è detto”!
Che emozione vedere sul gradino più altro una ragazza dello Stato ebraico, sembra di vedere dietro di lei centinaia di figure invisibili: tutte le bambine che sognano ad occhi aperti di diventare delle ginnaste, tutti gli allenatori che scovano talenti e se ne prendono cura, tutte quelle palestre fatiscenti che per un giorno riacquistano linfa vitale, tutte quelle che non ce l’hanno fatta.

Cambi di prospettiva

La russa che è arrivata seconda piange, polemizza ai microfoni la sua frustrazione dicendo che era venuta per l’oro e che si meritava di più ma i giudici l’hanno punita.
Anche la nuova campionessa olimpica piange ma altre lacrime, di gioia, di stupore, si toglie la medaglia e la mette alla sua istruttrice. <<Non si arriva mai in cima da soli>>, dice.

Si, queste Olimpiadi hanno cambiato tutto, ci hanno fatto vedere lo sport nella sua natura più vera e più bella: ragazzi appassionati che competono al meglio delle loro possibilità, che esultano per gli altri, che applaudono al talento.
Sugli spalti della finale individuale di ginnastica, le escluse si passano un nastro dove ognuna mette una firma, una dedica, per portare a casa un ricordo indelebile di un’esperienza unica.
Sorridono e per una volta davvero sembra che siano convinte che l’importante è partecipare.

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