Un ragazzo selvaggio, un’ isola tutta per sé e gli ormoni in crescita.
Elsa Morante ci racconta la storia di un ragazzo che all’inizio del libro è poco più che un bambino: Arturo Gerace.
Figlio dell’italo germanico Wilhelm e di mamma procidiana che morirà dandolo alla luce. Arturo passerà gran parte della sua infanzia e adolescenza da solo con sporadiche apparizioni del padre sempre in viaggio.
Avendo a disposizione un’isola intera come parco giochi e nessuno a imporre dei limiti, Arturo cresce in maniera selvaggia: senza orari, senza un confronto con un coetaneo, ma pieno di desideri di esplorare il mondo e di combattere come uno dei personaggi dei suoi libri per arrivare ad accompagnare suo padre, idolo indiscusso ai suoi occhi.
La mia infanzia è come un paese felice, del quale lui è l’assoluto regnante! Egli era sempre di passaggio, sempre di partenza; ma nei brevi intervalli che trascorreva a Procida, io lo seguivo come un cane.
La situazione muta quando Wilhelm porta in casa la giovane Nunziatella, neo sposa.
Arturo è geloso delle attenzioni che il padre dedica alla moglie e se da un lato ripudia la donna, dall’altro inizia a sentire un’attenzione mai sviluppata per altro essere umano, femmina per giunta!
Il bambino delle prime pagine è ormai un adolescente che si trova a condividere, suo malgrado, la vita con la donna ormai incinta e senza il supporto del padre che prolunga le sue assenze.
All’arrivo del fratellastro però cambia radicalmente il suo rapporto con la matrigna.
Terrorizzato dal dolore del parto di quest’ultima, una volta fuori pericolo le confesserà tutto il suo amore non di madre adottiva, ma di donna di poco più grande di lui.
Anche il rapporto con il padre muta completamente fino a farne emergere la vera natura priva dei filtri della giovinezza che mettono in chiaro il vero personaggio.
E mi parve, adesso, una cosa stregata, questa realtà: che due testimoni, pure sconosciuti fra loro, e opposti, e remoti, si trovassero d’accordo su un’opinione che io, invece, mi accanivo tuttora a trattare come eresia.
– Tu – gridai,- non capisci niente, di mio padre!
Il linguaggio magistralmente adoperato rende la lettura estremamente piacevole, è impegnativo e personalmente a tratti un po’ pesante ma credo sia innegabile la bellezza dell’esposizione. E’ uno di quei libri che anche se non capisci niente vai avanti a leggere perché le parole stanno bene insieme.
E’ un viaggio difficile quello raccontato che abbiamo attraversato tutti, in modi differenti, per diventare adulti, prima di prendere il largo.
Ormai sapevo, con risolutezza estrema, che queste erano le ultime ore che passavo sull’isola; e che, il primo passo che avrei fatto oltre la soglia della mia camera, sarebbe stato andarmene via. Per ciò, forse, mi ostinavo a rimanere chiuso nella mia camera: per rimandare, almeno di qualche ora, quel passo irrimediabile e minaccioso!
Valutazione
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!