Avevo letto il Gattopardo a scuola. O meglio, avevo letto alcuni spezzoni dell’opera alle superiori. Mi ricordavo bene la copertina del libro che avevo a casa, dove compare una giovanissima Claudia Cardinale che balla il valzer con un rampante Burt Lancaster nei panni del Principe Fabrizio Salina.
Forse anche per colpa della quarantena, rifugiarsi in un classico della letteratura è un’esperienza rassicurante e la bellezza è certa.

Chi è il Gattopardo

Il nome ricorda un peluche, e in realtà qualcosa dell’animale c’è. Il Gattopardo è tra le altre cose, un Leopardo con la corona, il simbolo di casa Salina e l’appellativo con cui è chiamato il Signore di Salina ovvero il Principe Fabrizio, che ne incarna tutte le virtù: vigore, forza, lealtà e sicurezza.

Ci troviamo in Sicilia sul declinare dell’Impero Borbonico, alla vigilia dello sbarco dei Mille. Il libro ruota attorno alla famiglia Salina, da sempre una delle più importanti dell’aristocrazia siciliana, che vive questo momento di trapasso storico con la successiva caduta dei privilegi nobiliari.

Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi

La frase celebre del libro prima e del film poi, pronunciata dal nipote amato del Principe, Tancredi alla vigilia dello sbarco delle truppe Napoleoniche.

Tutto cambia

E tutto cambia, per non tornare mai più come prima. La Sicilia, da sempre terra di conquista, è il palcoscenico di una nuova Italia che nasce, dove non contano più le aderenze nobiliare, ora c’è una nuova classe emergente, con un potere economico maggiore: è la borghesia.
Persino le figlie di contadini, con padri avveduti e accorti che hanno saputo inserirsi nel campo degli affari possono diventare le spose dei principi.
Le meraviglie architettoniche di casa Salina: La villa di Donnafugata, Palazzo Salina, non sono che l’appannaggio sbiadito di un tempo che non esiste più.
Il cambiamento si legge e si vede tutto, con una realtà narrativa bellissima, colorata e ricca di dettagli in grado di proiettare il lettore lì, nella Sicilia del 1860 e traghettarlo fino al 1910, ultimo capitolo del libro.

Premio Strega

Tomasi di Lampedusa purtroppo non vide mai la pubblicazione del libro, dopo infiniti rifiuti da parte delle principali case editrici, l’opera fu pubblicata postuma nel 1958 da Feltrinelli a un anno dalla scomparsa dell’autore.
Ovviamente la bellezza del testo non poteva lasciare indifferenti i lettori e la critica che nel 1959 lo consacra con il Premio Strega.

I classici sono sempre una sicurezza, occorre sono sincera, prendere un po’ le misure e dargli il tempo di prendere il ritmo. Certo la narrazione dei balli di palazzo non è la stessa di una sparatoria di un libro di Pandiani, ma il patrimonio dei classici della letteratura italiana è immenso e meraviglioso. In questo tempo in cui abbiamo bisogno anche di bellezza, ne vale sicuramente la pena.

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