Il Commissario Ricciardi di Maurizio De Giovanni, la serie di 12 libri, l’ho terminata in un mese. Anzi l’ho divorata e mi manca moltissimo; tuttavia finisce talmente male che se l’avessi saputo forse non l’avrei mai iniziata. Che vi devo dire? A me piacciono le conclusioni a lieto fine.
Chi è il Commissario Ricciardi
Siamo a Napoli qualche anno prima dello scattare della Seconda Guerra Mondiale e siamo nel 1930 circa, anno più anno meno.
Luigi Alfredo Ricciardi, Barone di Malomonte, del titolo nobiliare se n’è sempre infischiato, dopo l’Università diventa Commissario presso la Regia Polizia Squadra Mobile di Napoli. Poco incline al dialogo, niente affatto solare o socievole, dedito al lavoro, cupo, indagatore. Non ha amici, i colleghi lo evitano. Bravissimo a risolvere i casi anche più complicati. Le malelingue gli imputano qualcosa di diabolico.
E in effetti qualcosa di strano lo possiede: vede i morti. O meglio vede i morti di morte violenta. Dai corpi senza vita vede lo spettro della persona che fu sussurragli l’ultimo pensiero prima di spirare. Una maledizione che ha ereditato dalla madre che gli impedisce di aprirsi agli altri e di condurre una vita normale.
La solitudine del Commissario
Ricciardi è un tipo solitario, più per necessità che per propensione, tuttavia non è solo. A condividere i suoi spazi: l’amatissima Tata Rosa, che da sempre si è presa cura di lui, il Brigadiere Maione, l’unico collega ad essere in grado di lavorare con lui, il dott. Modo, il medico legale e dichiarato antifascista.
Attorno a questo trittico sempre presente ruotano personaggi ricorrenti: il vice questore Garzo, l’incapace superiore di Ricciardi, Livia, la bellissima vedova conosciuta nella prima indagine e presente fino alla fine e ultima ma non certo per importanza Enrica, la ragazza che ogni sera Ricciardi vede ricamare dalla finestra a cui dedica di nascosto tutto il suo amore.
Il Commissario vede i morti, o meglio “il Fatto” come lo chiama lui, ma custodisce gelosamente il suo segreto conscio che la rivelazione potrebbe costargli la fine che toccò sua madre, morta in manicomio che lui era poco più che un ragazzo.
Le indagini
Tutti i libri sono collegati tra loro. Le indagini si snodano all’interno del singolo racconto e trovano la loro conclusione mentre parallelamente corrono le vicende dei personaggi principali che vanno costruendosi di libro in libro e trovano il loro epilogo solo alla fine della saga.
De Giovanni è molto bravo perchè in ogni libro nelle prime pagine fa un recap, in modo che si possano leggere anche slegati tra loro conoscendo però gli antefatti.
Il modus operandi dei libri è molto simile ai Bastardi di Pizzofalcone. Le investigazioni sono rese ancora più interessanti dall’intorno: la situazione storica italiana degli anni 30 e da una Napoli colorata, accogliente e folcloristica
Lo stile in grado di catturare sin dai primi libri, non annoia mai, anzi il lettore ad un certo punto deve sapere e quindi, com’è successo a me, finito uno sotto un altro libro e così fino alla fine.
La conclusione. Ma sarà vero?
De Giovanni è un autore molto prolifico e c’è che dice che l’ultimo volume “Il pianto dell’alba. Ultima ombra per il Commissario Ricciardi.” , sia solo uno stop momentaneo per un personaggio che non ha ancora finito di stupire il pubblico, ha solo bisogno di riposarsi un po’.
Non farò spoiler rispetto alla conclusione vera o presunta, ma credo che tutti gli amanti del genere apprezzerebbero un epilogo diverso o almeno una svolta, una nota positiva dopo un finale che dire straziante è dire poco.
Detto questo i libri meritano tutti dal primo all’ultimo.
Mi sento di dare un consiglio ai divoratori seriali di libri come me che quando iniziano una serie la devono finire a tutti i costi: andate piano.
Inevitabilmente i personaggio dei libri diventano parte del nostro quotidiano, ci sembra quasi di condividere con loro i nostri spazi. E’ brutto vederli sparire così… lasciateli entrare con calma senza fretta, forse e dico forse, vi dispiacerà un po’ meno vederli andare via.
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