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Tra i miei propositi di quest’anno a cui non sto assolutamente tenendo fede, c’è anche la meditazione. Uno degli ultimi libri che ho letto è Silenzio di Kagge, speravo che in qualche modo mi fornisse una risposta rispetto ad una domanda che mi faccio sempre quando vedo la gente ad occhi chiusi che medita: a cosa pensa?
Ovviamente, neanche a dirlo, il libro parlava della difficoltà dell’uomo a stare da solo con se stesso. Anzi, cosa che a me succede in continuazione, l’incapacità di controllare i pensieri quando ci si trova a tu per tu con il proprio io. Che giro di parole?!
A me capita sempre. Quando chiudo gli occhi è che come se contestualmente aprissero i rubinetti del cervello e vengo inondata da talmente tanti impulsi e domande che trovare la pace mi sembra impossibile. Per questo mi attira così tanto la meditazione, credo. Perchè ci deve essere senza dubbio qualcosa che gli altri capiscono e che a me sfugge su dove incanalare questi stimoli interni. Oppure sono tutti molto bravi a sembrare concentrati mentre pensano a cosa cucinare per cena.
E’ chiaro che per quanto io la stia sottovalutando, la meditazione è una pratica che va allenata come qualunque altra disciplina e che ci va tempo e dedizione per farla in maniera corretta e producente. Non basta ovviamente mettersi a gambe incrociate e occhi chiusi per meditare, sarebbe come dire che per dormire basta mettersi sdraiati e palpebre serrate. Chiedetelo agli insonni.
Qualche anno fa, un giovanissimo frate domenicano mi aveva raccontato che il suo noviziato era consistito nello stare in silenzio per mesi. Erano concessi pochissimi strappi alle regole, la domenica 1 ora e in occasione del pranzo. Il suo racconto a posteriori era di vera gratitudine nei confronti di quell’esperienza, pur non negando che all’inizio aveva fatto fatica ad abituarsi al silenzio, una volta assunta la pratica era irrinunciabile e che anzi avrebbe voluto avere molto più tempo da dedicargli.
Non so. e’ assurdo dirlo ma il pensiero più vicino che ho alla meditazione è la fatica estrema. Credo mi sia capitato in poche circostanze di fare una fatica sovrumana, ma me le ricordo tutte, e la sensazione più nidiata che ho, forse per puro spirito di sopravvivenza è che la mia testa si sia staccata da quello che stava facendo per vagare altrove e mandare il corpo avanti meccanicamente.
Che sia così? Vorrei leggere qualcosa sull’argomento, suggerimenti? Consigli?
Intanto io davvero vado a pensare a cosa cucinare per cena.
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