Un modo di essere, di ritrovarsi.
Camminare è un modo di vivere. E’ una necessità, uno stile, un modo per riequilibrarsi e guardare da un’altra prospettiva il proprio essere, che nella modernità è diventato un gesto trasgressivo. Fuori dal comune.
Ecco quello che emerge dal libro Il mondo a piedi di Le Breton.
Il libro, è piuttosto, a mio parere, un trattato che strizza l’occhio alla filosofia, mettendo in relazione il pensiero di personaggi storici come Stevenson, Sansot e Basho, che idealmente conversano sul senso di percorrere il mondo a piedi.
Personalmente
Devo dire che il libro non è facilissimo da seguire, a tratti un po’ faticoso per le continue citazioni e rimandi storici. Ma sicuramente è interessante avere la conferma che il senso del cammino e la sua utilità sono argomenti sentiti e affini da secoli.
Il modo di camminare, la sua efficacia per il corpo e per la mente, ci riconnettono al passato con la stessa potenza con cui la natura rinasce nel nostro essere non appena siamo in grado di lasciare la nostra scrivania, le nostre abitudine sedentarie per affrontare il mondo. A piedi.
La marcia non è solo uno strumento che conduce al benessere fisico, ma un vero e proprio antidoto contro l’abbrutimento personale. Ritrovare il silenzio, riassaporare il gusto del cibo dopo la fatica, ascoltare il mondo che si muove mentre tu passi. Questi sono solo alcuni degli elementi che coinvolgono il corpo quando si riscopre il senso originario del camminare:
Mai il cibo appare tanto saporito, anche se scarso, come al momento della sosta dopo uno sforzo di parecchie ore. La marcia trasfigura i momenti ordinari della vita, li inventa sotto nuove forme.
Passeggiare, ma non solo per sentieri
Penso che il modo migliore per scrivere un libro che elogia il cammino, sia senza dubbio mettersi in strada e fare esperienza personale. Tuttavia non sempre abbiamo a disposizione paesaggi incantati, montagne, sentieri bucolici.
Ma nel libro si parla anche di questo, della città.
Quando camminiamo in città lo facciamo sulla base di un percorso stabilito, di una sorta di rito che ci impone di fare la stessa strada tutti i giorni. Il consiglio è di lasciarsi andare al “bighellonaggio” alla moda dei surrealisti, lasciandosi trasportare dalla città stessa e dalla sue vie e se l’udito è il senso che ne risente di più perchè sopraffatto dal traffico, lasciamo fare alla vista che cambia sulla base delle stagioni, del sole che batte sulle facciate delle case o che si riflette nelle vetrine dei negozi.
Andare quindi è sempre più un gesto fuori dal coro, in contro tendenza, perchè in grado di far riemergere la necessità di calma, i bisogni primari. Assopiti dal rumore di quello che ci circonda.
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